Cronache dal presente di un paese misogino

Ad oggi sono 109 le donne uccise nel 2021, di queste, 93 sono state uccise da membri della famiglia o del nucleo affettivo ristretto.

Ma in questo primo anno di quasi rinascita dopo la pandemia, in Italia abbiamo contato anche donne picchiate, stuprate, stalkerate, oppresse da maschi abusanti; abbiamo imparato i nomi di sorelle, madri, compagni di scuola, colleghi di lavoro aggredit*, a volte uccis*, solo perché hanno voluto aiutare una sorella in difficoltà; alto è il numero dei figli e delle figlie anche loro aggredit* e o uccis* per ritorsione, vendetta o per una paura cieca.

Di alcune cose ormai siamo sicur*.

La verità giudiziaria non basta, non serve e forse neanche ci interessa perché quando ci arriviamo perlopiù le donne sono già morte.

Non serve neanche il carcere, acclamato a gran voce, per l’ aggressore omicida, stupratore o stalkeratore di turno, che in quanto mera struttura detentiva si vendica ma non contribuisce alla crescita umana delle persone recluse o della società. Quando arrivano nelle strutture penitenziarie (e sottolineiamo quando) o nel timore di vivere la carcerazione, perlopiù i rei si suicidano dopo aver scritto una lettera di scuse alla famiglia. E notiamo, con il sangue gelato nelle vene, come sempre più spesso queste lettere contengano delle “scuse” non per le vite che hanno distrutto ma verso le famiglie di origine per l’onta in arrivo.

Non serve la narrazione tossica di una stampa misogina che parla di mostri quando sono solo uomini, di donne come vittime fragili quando sono singolarità oppresse, di femme fatale invece che di liberazione sessuale.

Quello che serve davvero non lo sentiamo dire quasi mai… Serve la rivoluzione.

Una rivoluzione politica, culturale ed economica, strutturale delle istituzioni sociali e formative di questo paese ancora profondamente etero.patriarcali.

Serve lo stravolgimento della scuola e dell’università perché le donne e i loro carnefici hanno un’età sempre più bassa, è difficile assolvere il sistema educativo. Serve soprattutto stravolgere l’idea e la natura stessa della famiglia come dimensione delle relazioni affettive, ma anche  come luogo di controllo, condizionamento, subordinazione, oppressione.

Ancora troppo spesso la famiglia è al centro di interventi specifici di sostegno economico e fiscale pensati da una classe politica di etero conservatori quando proprio l’assenza dell’autonomia economica delle donne è la causa del perdurare di legami con il maschio abusante.

La migliore arma delle donne è sicuramente l’indipendenza: di scelta, di giudizio, sessuale, economica, sociale e affettiva che dovrebbe essere garantita dalla Costituzione. Ma l’uguaglianza rimane troppo spesso una parola vuota, non c’è  nel mondo del lavoro, nè in politica o nella società.

Il mercato del lavoro è fortemente ineguale, durante la pandemia è diminuito il numero di donne occupate, quasi il 60% delle donne fra i 15 e i 34 anni, cioè 6 su 10 non lavora e non cerca lavoro in parte a causa di impegni familiari.

È facile indignarsi della fragilità delle donne abusate. Ma è palese quanto le istituzioni formative siano profondamente conservatrici e patriarcali, incapaci di ripensare il linguaggio, i comportamenti, incapaci di supportare realmente i percorsi di emancipazione psicologica, culturale e sessuale delle persone.

Serve una strenua e convinta difesa e tutela della libertà di scelta delle donne e finché tutte le realtà e istituzioni del paese, dalla più piccola alla più grande, non ne saranno fermamente convinte non si potrà fermare questa tragica inesorabile lista.

Che sia donna biologica dalla nascita o identificatasi tale, a noi poco importa.

Finché ogni donna di questo paese non sarà libera di autodeterminarsi nelle scelte sessuali e lavorative e non potrà disporre liberamente del proprio corpo senza padri ,fratelli, mariti, zii, capi, cugini, parenti uomini e donne misogine, lì a controllarle, non si potrà mai contrastare il fenomeno endemico e strutturale della violenza sulle donne. Senza una radicale trasformazione della società si continueranno a contare le pozze di sangue e i volti sfregiati.

Nella giornata internazionale dell’eliminazione della violenza sulle donne e di genere, il 25 novembre, non ci interessa additare i colpevoli, che non sono mostri, ma uomini comuni, cis-etero perfettamente integrati in una società che vede nell’ emancipazione sessuale della donna una minaccia, perfettamente integrati nella Sacra Famiglia che questo paese vede ancora come il luogo più sicuro.

Basta sostegni alle famiglie, basta finanziamenti, bisogna al contrario sostenere e garantire le libertà e i diritti indipendentemente dalle relazioni affettive e parentali.

Basta tolleranza nei confronti di qualsiasi forma di patriarcato e maschilismo ogni dove, dalla famiglia al lavoro, alla società, alla politica.

Sostegno alle donne come soggetti individuali capaci di scegliere e operare autonomamente e sostegno alle realtà che aiutano le donne ad emanciparsi da relazioni familiari e sentimentali patologiche ma soprattutto condanna senza appello di una visione tradizionale familistica patriarcale della coppia, diventata per le donne un mattatoio.

Finché l’obiettivo di ogni realtà e istituzione di questo paese non sarà l’emancipazione di ogni singola donna, la violenza rimarrà endemica.

Oggi non abbiamo voglia di piangere e commemorare, ricordiamo ogni nome con il desiderio di lottare, di creare luoghi e pratiche politiche di liberazione per emancipare tutte

Finché non saremo tutte libere, saremo tutte schiave.