(20 e) 25 Novembre: un grido di libertà

Il 20 Novembre è la giornata mondiale in ricordo delle persone transgender vittime di violenza e il 25 Novembre è la giornata per l’eliminazione della violenza contro le donne: queste due giornate ci spingono a fare sentire più forte che mai il nostro grido di libertà: libertà dalla violenza ma, soprattutto, libertà di decidere sui nostri corpi.

Vogliamo dire basta alle molestie e agli abusi quotidiani che avvengono nella sfera privata e pubblica, a scuola, sul lavoro e, persino, da presunti amici o amanti, da conoscenti e sconosciuti, da colleghi e compagni.

Vogliamo urlare che l’omo-lesbo-bi-transfobia uccide e ferisce come accaduto alla professoressa Cloe Bianco o come il caso della coppia lesbica Francesca e Immacolata minacciate dal padre di una delle due con un coltello per via del loro orientamento sessuale.

Vogliamo opporci alle narrazioni tossiche di questi fatti perchè sminuiscono, ridicolizzano e giustificano questi atti violenti.

Vogliamo mettere in evidenza la violenza mediatica, sanitaria, burocratica, poliziesca, politica e religiosa che ci riduce al silenzio e, al tempo stesso, ci incatena a quei fantomatici ruoli di genere assegnati fin dalla nascita.

Rifiutiamo di piegarci ad ogni costo ai valori imposti quali fede, patria, famiglia, quando questi vengono usati come mezzi per giustificare ciò che mette a repentaglio il nostro benessere e la nostra libertà.

Crediamo che ricevere un’adeguata educazione sessuale ed affettiva, libera da un modello eteronormativo e basato sul binarismo di genere, sia diritto di ogni persona.

Crediamo che la genitorialità debba essere una scelta e non un’imposizione. Per rendere possibile tutto questo, è necessario fornire contraccettivi gratuiti, semplificare e rendere più accessibili – e non discriminatori – i percorsi di adozioni e garantire l’aborto libero, sicuro e gratuito. Infatti, l’ onnipresenza di personale medico obiettore nelle strutture pubbliche ospedaliere e l’aziendalizzazione della sanità pubblica italiana – in special modo quella siciliana -, rende problematico l’accesso all’Interruzione Volontaria di Gravidanza. Ma l’obiezione di coscienza non esiste all’interno delle loro strutture private perchè la logica è “se paghi, l’aborto non viene impedito.”

Un’ulteriore minaccia alla salute riproduttiva è rappresentata dal nuovo governo, in particolare dalle dichiarazioni di Roccella contro l’aborto e dal disegno di legge di Gasparri con cui si vuole anticipare il riconoscimento della capacità giuridica del feto al momento del concepimento – e non più al momento della nascita. L’attacco alla pratica interruttiva, tra un classismo conclamato e la colpevolizzazione di chi vuol abortire è sempre più palpabile.

In ambito europeo ci si sta avviando verso una dimensione repressiva fisica e psicologica a tutto spiano: dall’Ungheria che, da qualche mese a questa parte, ha reso obbligatorio prima dell’aborto il cosiddetto “ascolto del battito cardiaco” del feto fino alla Polonia dove, dal 2021, vige un divieto quasi totale dell’aborto e che in determinati casi può essere praticato previa autorizzazione del tribunale.

Vogliamo il pieno riconoscimento delle persone transgender e del conseguente diritto alla salute e all’autodeterminazione sui propri corpi con percorsi adattati alla persona e che rispettino le identità di genere non binarie; la via possibile è la semplificazione del lungo iter in Tribunale necessario per il riconoscimento legale e per eventuali interventi chirurgici e la sostituzione dell’attuale percorso sanitario obbligatorio che ne costituisce la premessa, ovvero un percorso psicologico che dovrebbe essere libero e gratuito.